Ci – Errori sulle impronte

Questa tipologia di errore avviene in una delle primissime fasi del processo di coniazione, vale a dire nel momento in cui vengono abbozzate le impronte che dovranno essere riprodotte nelle due facce della moneta.

In tale fase, può accadere che il disegnatore compia inconsapevolmente un errore di tipo grammaticale, di tipo logico o di tipo storico oppure semplicemente commetta un banale refuso, che può ad esempio trovarsi nella figura, nella legenda, nella data, nel nome dell’incisore, nel segno di zecca, etc.

Figura 180 – 1 lira 1810 “Natoleone”

Al riguardo, si ricorda il caso celebre di alcuni esemplari di moneta da 1 lira “Natoleone”, anziché “Napoleone”, coniate a Milano nel 1810. Questo errore fu ricordato dallo stesso Bonaparte nel suo “Memoriale”.

Inoltre, pare che l’errore non fu involontario, bensì voleva essere un’allusione satirica al carattere dell’imperatore. Si sospettò che autore di questo conio fosse lo stesso capo incisore della zecca di Milano, Luigi Manfredini, il quale, forse proprio per questo motivo, venne allontanato dopo il 1810 da Milano; solo con la caduta di Napoleone poté rientrare e riprendere il suo incarico in zecca, che tenne fino al 1830.

Sempre su monete coniate a Milano, accanto al nome del Bonaparte si può riscontrare la scritta “imperapore” e “imperarore”, screditando un titolo a cui lui teneva moltissimo, tanto da mettere in dubbio anche in questo caso l’accidentalità dell’errore. Ad ogni modo, essendone stati coniati pochi pezzi, queste monete con la legenda errata sono molto rare e ricercate da parte dei collezionisti.

Invece, in certi casi, la moneta contenente l’errore può risultare addirittura più comune di quella corretta. A titolo esemplificativo si ricordano i 5 centesimi 1913 “con punto” che riportano la legenda: “Vittorio • Emanuele • III • re • d’•Italia”. Naturalmente il punto dopo l’apostrofo costituisce l’errore.

Il conio errato è stato successivamente sostituito con uno corretto, privo di punto dopo l’apostrofo. Siccome i pezzi coniati con l’errore sono più numerosi di quelli corretti, quest’ultimi sono più rari e hanno un maggior valore.

Secondo alcuni, la tipologia di errore analizzata in questo paragrafo costituisce una sotto-classe delle varianti, ma – a parere di chi scrive – ciò non è corretto per i seguenti motivi:

  1. una variante presuppone sempre la coniazione di due versioni differenti della stessa moneta e ciò non si verifica sempre nella tipologia di errore qui analizzata. Infatti, ci sono casi in cui l’errore viene riprodotto in tutte le monete dello stesso anno (es. 500 lire 1957 con bandiere controvento);
  2. nel caso delle varianti, la sostanza complessiva delle due versioni della moneta è sempre la stessa e, al limite, la seconda versione può avere delle piccole differenze dovute ad una riproduzione non fedele del precedente conio oppure per migliorare in certi aspetti una prima versione già sostanzialmente corretta. Ben diverso è il caso di un errore, in cui la moneta presenta un’imprecisione – seppur involontaria – dal punto di vista grammaticale, di battitura, logico o storico, che poi viene corretta in una seconda versione della moneta.

Solitamente questa tipologia di errore è una tra quelle che risulta oggetto di una maggiore risonanza mediatica, in quanto la stessa implica un preciso errore umano – seppur involontario nella maggior parte dei casi – che peraltro non va ad alterare la morfologia della moneta, cioè la sua struttura formale, bensì la sua struttura sostanziale, vale a dire il messaggio che le impronte della moneta dovrebbero trasmettere.


L’errore celebre: 500 lire 1957 con “bandiere controvento”

Le 500 lire 1957 con le “bandiere controvento” sono probabilmente l’errore di coniazione più celebre dell’intera monetazione italiana.

L’esecuzione del progetto della moneta fu affidata al noto medaglista Prof. Pietro Giampaoli, allora incisore capo della Zecca di Stato. Per giungere alla realizzazione della moneta, l’autore produsse diverse monete di studio per verificare l’efficacia delle immagini, la compatibilità di queste con la produzione e con la lega metallica prevista. Giampaoli iniziò il suo percorso per la nuova moneta partendo dallo stile consueto delle monete già in corso, per giungere ad una moneta completamente diversa e nuova, seppure nella sua classicità.

Egli modellò il diritto delle 500 lire che rappresenta un volto di donna, tratteggiato con linea e rilievo rinascimentali, molto simile a quello del celebre ritratto del Bronzino, raffigurante l’effige della nobildonna pistoiese Lucrezia Panciatichi. In realtà, il ritratto dovrebbe raffigurare la consorte del Giampaoli, Letizia Savonitto. Attorno al profilo femminile sono disposti a corona gli stemmi di tutti i capoluoghi di provincia italiani. L’elaborata rappresentazione degli stemmi delle regioni o dei relativi capoluoghi ha subito, nei diversi progetti, varie modifiche di realizzazione e di sequenza.

Siccome Giampaoli era già molto impegnato nel suo ruolo di capo incisore ed i tempi per la consegna della nuova moneta stringevano, la creazione del rovescio fu affidata al giovane Ing. Guido Veroi. Il rovescio doveva sviluppare un tema che si ricollegasse con l’idea rinascimentale espressa dal dritto della nuova moneta. Veroi dovette quindi in pochissimo tempo realizzare un modello per il rovescio e si ispirò al viaggio di Cristoforo Colombo, evento storico che segna l’inizio del Rinascimento. Alcuni studiosi, tra cui Umberto Moruzzi, hanno ipotizzato che in realtà entrambe le facce della moneta (dritto e rovescio) siano opera di Pietro Giampaoli e che Guido Veroi fu soltanto l’esecutore del rovescio definitivo, che poi ha firmato (nella moneta di “prova” manca infatti la firma del Veroi).

Le tre caravelle, quindi, potevano bene esprimere l’idea di questa nuova rinascita italiana. L’idea piacque al Direttore della Zecca e il 5 dicembre 1957 fu coniata la prima moneta “prova”, che riscosse un discreto successo presso il pubblico. In questo stesso periodo, si stava concludendo la legislatura e il ministro, forse anche per fini elettorali, ritenne particolarmente significativo consegnare a tutti i parlamentari che erano giunti a fine del loro mandato quest’ultima moneta “prova”, che fu coniata tempestivamente in 1.070 pezzi, consegnati quindi ai membri del Parlamento nel corso del 1958 (all’interno della bustina in carta di riso riportata qui a fianco). Un’indagine della Guardia della Finanza del 2000, però, non trovò conferma di questa tiratura, tra l’altro non indicata in nessun documento, ma accertò che la moneta fu battuta in più di 2.200 esemplari.

Sennonché, il 10 dicembre 1957 il quotidiano romano Il Tempo pubblicò una lettera inviata da un lettore che segnalava un’anomalia nella disposizione delle vele delle tre caravelle. Al riguardo, si riporta qui di seguito integralmente il testo della lettera e la risposta della redazione del quotidiano:

“Sig. Direttore,

nella prima pagina del suo giornale ho avuto modo di vedere la riproduzione del nuovo scudo da 500 lire che entrerà in circolazione in Italia dopo Pasqua. La mia qualità di marittimo mi ha portato a notare un certo anacronismo laddove, nel verso dello scudo, le bandiere delle tre navicelle naviganti col vento in poppa, o quasi, sono dirette in senso contrario al moto. Ciò  non  è  possibile  che  avvenga  perché  la  velocità  che  può  raggiungere un veliero   non   supera    mai   quella   del   ven-to, per la qualcosa, la  bandiera  non  può orientarsi  in  senso  opposto al moto.  Non ritengo sia il caso di fare alcune dissertazioni, relativamente alla direzione del vento e della nave, poiché scopo di questa mia segnalazione è semplicemente quello di richiamare l’attenzione di chi di dovere, per esaminare se non sia il caso di provvedere prima che sia troppo tardi.

Roma, Capitano Giusco di Calabria

∼ ◊ ∼

Al perspicace capitano Giusco di Calabria i nostri rallegramenti. C’eravamo caduti tutti nell’errore ch’egli ha rilevato. Ora non vorremmo però che le sue giuste osservazioni provocassero il peggio. Da molti decenni a questa parte, l’Italia non va famosa né per le sue monete, né per i suoi francobolli, i quali sono pur sempre agganciati a una retorica ornamentale che fu cara al Liberty dei Calandra, dei Rubino e dei Bistolfi. Soltanto negli ultimi tempi si sono avuti alcuni felici tentativi di uscire da questa paludetta decorativa, e la nuova moneta da cinquecento lire sarebbe finalmente degna di meritare l’approvazione dei più esigenti cultori del bello. Non vorremmo davvero che in seguito alle osservazioni del nostro lettore, qualcuno decidesse di cambiare soggetto allo scudo pasquale, e riproporci, magari, nuovi aratri, zappe e zappatori…Si tratta semplicemente di operare un piccolo ritocco. Capitano Giusco di Calabria, ordinate il “Volta le bandiere!”.”

Dopo soli 9 giorni, il 19 dicembre 1957, un altro lettore (colonnello del Genio Navale) segnalò, invece, che la disposizione delle vele era da considerarsi corretta, introducendo il concetto del “vento di bolina”. Si riporta qui di seguito il testo integrale della lettera e la risposta della redazione del quotidiano:

Signor Direttore,

l’osservazione del Capitano Giusco di Calabria sarebbe perfettamente esatta se il vento, che spinge le tre caravelle, spirasse proprio, come suol dirsi, in poppa e se il rilevamento della formazione delle navi fosse preso dal traverso. Ma, nella moneta, appare che il rilevamento non sembra preso proprio da traverso, ma bensì più da prora a diritta: mentre la posizione della vela fa apparire che le navi navighino stringendo il vento di bolina, magari anche a cinque quarte a sinistra. Questo porta che le bandiere, spinte dal vento nella sua direzione, possono venire ad apparire all’osservatore come sono appunto realizzate nella moneta. Pertanto nessun comando “volta le bandiere”; e, per nostra fortuna, elogio ancora alla decisione encomiabile che ha effettivamente portato alla scelta – da mantenere senza correzioni – del bel soggetto storico realizzato sullo scudo d’argento. Roma. L.T.

∼ ◊ ∼

L’argomento si fa ora più complesso e non saremo certo noi, usi a navigare non sul mare, come il cap. Giusco di Calabria o il col. Del Genio Navale L.T., ma fra rotative, linotype e caratteri a mano, a dare l’esatta soluzione. L’ing. G.B. di Torino, ma sarà anche quest’ultimo un marinaio d’acqua dolce, segnala che le bandiere controvento sono riportate a milioni sui verdi pacchetti delle “nazionali esportazioni”. Per noi rimane valido il desiderio di non cambiare il soggetto dello scudo d’argento. Il resto lo lasciamo agli specialisti.

Lo stesso Guido Veroi confermò il fatto che la disposizione delle bandiere era assolutamente regolare e che, quindi, non fu commesso alcun errore nella disposizione delle stesse sul rovescio della moneta.  Del resto, Cristoforo Colombo era un navigatore esperto e poteva navigare anche di bolina. Infatti, proprio il giornale di bordo testimoniava che, durante il lungo viaggio, l’esperto navigatore genovese dovette necessariamente navigare anche di bolina: “Mi fu assai conveniente questo vento contrario, ne fu rincuorata la mia gente che pensava non spirassero in questi mari venti per tornare in Spagna…“.

Tuttavia, anche se non si trattava di un errore e non era ancora iniziata la coniazione vera e propria, fu comunque deciso di capovolgere le bandiere disponendole nel senso tradizionale, di modo che, il rilevamento della formazione la facesse navigare di “gran lasco”, e non di “bolina”.

A titolo di curiosità, si segnala che un simile errore in tema di direzione del vento è stato commesso nella moneta commemorativa in argento da 1000 lire 1996 Olimpiadi di Atlanta cd. “fiaccola controvento”.

In quel caso, la fiaccola portata dalla Tedofora è posizionata nella stessa direzione della corsa, vale a dire controvento (cfr. foto qui sopra). Tuttavia, questo errore non ha avuto la stessa risonanza mediatica delle caravelle con le bandiere controvento ed è quindi poco conosciuto[1].


L’errore celebre: 1000 lire 1997 “Germania divisa”

Quarant’anni dopo l’episodio delle 500 lire con le bandiere controvento, un errore simile si è verificato con le nuove 1000 lire bimetalliche. Infatti, dopo poco la loro entrata in circolazione, l’11 novembre 1997 il numismatico comasco Arturo Arcellaschi scoprì che sul rovescio della moneta, dove è raffigurata la cartina dell’Europa, la Germania veniva raffigurata con i confini orientali antecedenti alla caduta del muro di Berlino, ovvero senza la Deutsche Demokratische Republik (DDR), vale a dire l’ex Repubblica Democratica.

Arcellaschi ha poi confezionato una serie limitata a 200 pezzi da lui autografata contenente quattro monete del 1997: 1000 lire Germania divisa, 1000 lire Germania unita, 1000 lire Vaticano e 1000 lire San Marino (cfr. immagine qui di seguito).

La Zecca ha subito giustificato tale errore come “un’interpretazione artistica di un disegno”. Peraltro, si osserva che i confini della Germania non erano l’unico errore, visto che non si distinguevano i confini dell’Olanda, i confini dell’Austria e della Svizzera erano approssimativi ed i confini della Danimarca erano sbagliati.

Anche in questo caso la scoperta dell’errore ebbe una rilevante risonanza mediatica e furono molte le polemiche, tanto che l’allora ministro del Tesoro, Carlo Azeglio Ciampi, si è dovuto ufficialmente scusare con l’ambasciata tedesca a Roma, esprimendo “rincrescimento” per il clamoroso errore. Inoltre, il ministro ordinò l’immediato blocco della produzione della moneta.

La Zecca dovette quindi nel giro di una settimana preparare un nuovo modello di moneta con i confini della Germania esatti, per poi riprendere la produzione. Tuttavia, anche il secondo conio della moneta continuava a presentare degli errori visto che la posizione geografica della Danimarca era sbagliata. Inoltre, uno studioso astronomico ha osservato che “sul retro della moneta sono segnati quattro paralleli che, ad occhio, si possono stimare per quelli con latitudine 34°, 44°, 54° e 64° Nord e quattro meridiani, dei quali i due centrali possono essere stimati, sempre ad occhio, uno per quello di Greenwich e l’altro per quello con longitudine 30° Est”.

Al riguardo, va ricordato che “tutti i meridiani congiungono idealmente il Polo Nord con il Polo Sud ed hanno, quindi, la massima distanza fra loro in corrispondenza dell’equatore”. Ciò posto, si può apprezzare l’errore che riguarda “i due meridiani centrali hanno curvatura che li porta ad intersecarsi in prossimità del 18° grado di latitudine nord, cioè nell’emisfero boreale, tra il Tropico del Cancro e l’Equatore, mentre tutti i meridiani congiungono idealmente il Polo Nord con il Polo Sud, per cui hanno la massima distanza fra loro in corrispondenza dell’equatore[2].


L’errore celebre: 10 lire 1935

Nella rivista Soldi e Numismatica di gennaio/febbraio 1973 è stato pubblicato l’articoletto qui sopra riportato che descrive il ritrovamento da parte di un numismatico di Torre Annunziata (di cui sono state cancellate le generalità) di una moneta da 10 lire aratro recante millesimo 1935.

Si tratta quasi sicuramente di un errore contraffatto, realizzato prendendo una comune moneta da 10 lire del 1955, raschiando la parte alta della terza cifra della data (“5”) e aggiungendo – tramite saldatura di precisione – un’astina curva, in modo tale da formare la cifra “3” (si veda ricostruzione fotografica della contraffazione qui sopra).

Il fatto che la cifra “3” non è originale lo si desume anche dall’astina centrale della cifra “3” che ha la stessa lunghezza dell’astina superiore ed inferiore. Invece, la cifra “3” originale utilizzata dalla Zecca in quegli anni presenta l’astina centrale più corta (cfr. 10 lire o 5 lire del 1953).

Dalla foto riportata nella rivista si capisce anche che la moneta presenta evidenti segni di circolazione e di usura che rendono meno visibili e distinguibili i segni della manomissione.

Tutti gli elementi sopra riportati portano a ritenere che la moneta sia stata manomessa; ciononostante fino a qualche anno fa questa moneta veniva riportata su alcuni cataloghi e libri di numismatica.

 


L’errore celebre: 50 lire “micro” 1984

L’errore in questione sembra sia stato causato dal fatto che i punzoni ed i conî utilizzati per la coniazione delle prime monete da 50 lire “micro” (2° tipo) siano stati ottenuti dal modello delle 50 lire 1984 vulcano (dimensioni normali). Non si sa esattamente se ciò sia stato determinato da un errore ovvero volutamente magari per sperimentare la riduzione attraverso il pantografo di un modello già preesistente.

Da ricostruzioni verbali del personale della Zecca, sembrerebbe che di questa moneta ne siano stati coniati 50 pezzi, di cui 42 annullati e distrutti, 4 sequestrati dalla Guardia di Finanza e 4 usciti illegalmente dai locali della Zecca.

Infine, è interessante ricordare che i tondelli utilizzati per le monete “micro” sono stati ottenuti dalla parte interna dell’anello esterno della moneta da 500 lire. Si precisa che l’immagine riportata qui a fianco è quella di una “normale” moneta da 50 lire 1984 (I tipo).


L’errore celebre: 20 eurocent 1999 Italia

Da indagini della Guardia di Finanza è emerso che nel Giugno del 1999, in seguito ad un disguido tecnico, vennero per errore coniati 1.179.335 pezzi da 20 eurocent con millesimo 1999. Una volta scoperto l’errore, si procedette alla distruzione, mediante deformazione dell’intero quantitativo anzidetto. L’operazione venne formalizzata mediante apposito verbale di distruzione firmato dal Direttore della Zecca.

Ciononostante sembra che un numero imprecisato delle monete in parola sia uscito illegalmente dai locali dell’Officina Monetaria. Peraltro, alcune foto di una moneta in questione sono state spedite alla redazione di Cronaca Numismatica. Si precisa che l’immagine riportata qui sopra è stata ottenuta attraverso un fotomontaggio.


L’errore celebre: 50 centesimi 2008 del Cile

Questa moneta cilena da 50 pesos del 2008 presenta un refuso nel nome dello Stato. Infatti, al dritto riporta la scritta C-H-I-I-E, invece di quella corretta C-H-I-L-E.

Sebbene l’errore sia particolarmente evidente, lo stesso è stato scoperto da alcuni collezionisti cileni a dicembre 2009 e riportato dalla stampa appena a gennaio 2010.

Secondo le ricerche investigative che sono state condotte, sembra che un incisore abbia inconsapevolmente cancellato l’asticella inferiore della lettera “L”, mentre stava correggendo una piccola difformità del conio.

Benché il conio sia stato poi esaminato da 80 persone della Zecca cilena, tutti i controlli sono falliti e l’errore non è stato identificato. Inoltre, in aggiunta all’errore appena evidenziato, la moneta presenta anche un segno non autorizzato con il nome dell’incisore Rene Thenot che ha lavorato presso la zecca cilena tra il 1940 ed il 1950.

L’incisore che ha lavorato sul conio della moneta da 50 pesos ha spiegato che voleva onorare il suo nome. A causa di questo errore, a febbraio 2011 sia il direttore generale Gregorio Iniguez che parecchi dipendenti della Zecca cilena sono stati licenziati e sono stati accusati del reato di falsificazione di monete.

Un errore molto simile si è verificato in Brasile. Infatti, nel 1922 sono state erroneamente coniate delle monete da 1000 reis con la scritta “BBASIL” anziché “BRASIL” (cfr. immagine qui sopra).


L’errore celebre: 50 øre 2011 della Norvegia con “11” rovesciati

Nel 2011 la Norvegia ha coniato dieci milioni di pezzi della moneta da 50 øre e, a causa di un errore, le ultime due cifre della data “11” risultano rovesciate.

La zecca norvegese si è accorta dell’errore solo dopo aver coniato otto milioni di pezzi, che si è preferito non rifondere a causa degli elevati costi che tale operazione avrebbe implicato.

Pertanto, il 9 settembre 2011 la Banca Centrale norvegese ha rilasciato un comunicato stampa in cui veniva riconosciuto l’errore e annunciata la decisione di far entrare in circolazione la moneta errata.


L’errore celebre: 500 lire 1958 Città del Vaticano – Sede vacante senza accento

Questa moneta riporta sul contorno la scritta in rilievo “STATO DELLA CITTA’ DEL VATICANO”. Tuttavia, molto probabilmente a causa di una dimenticanza, la parola “CITTA” è stata incisa sulla virola spezzata senza l’accento.

Una volta riconosciuto l’errore, l’accento dev’essere stato aggiunto e quindi esistono delle monete – più rare – che riportano la scritta corretta. In base ad un’altra teoria, meno accreditata, l’errore potrebbe essere dovuto ad un’ostruzione dell’accento riportato in incuso sul segmento di virola. Tuttavia, ad oggi non ci sono prove di tale dinamica e tutte le monete senza accento che ho avuto modo di visionare non presentavano i segni di un’ostruzione della virola.


L’errore celebre: 1 rublo 1978 con ora dell’orologio errata “VI” anziché “IV”

Alcune monete da 1 rublo commemorative dei giochi olimplici del 1980 tenutisi a Mosca riportano un errore nell’orologio della torre del Cremlino.

In particolare, la scritta delle ore quattro in caratteri romani è stata riportata come “VI” anziché “IV”, cosicché l’orologio riporta per due volte le ore sei.

 

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[1] Cfr. Cronaca Numismatica n. 102/1998 a pag. 22.

[2] Cfr. Cronaca Numismatica n. 102/1998 a pag. 22.