4. Epoca industriale (1780 – 1940)

A partire dalla fine del XVIII° secolo e l’inizio del XIX° secolo la società attraversò un periodo storico chiamato Rivoluzione industriale in cui si attuò il passaggio da un’economia agricola e artigianale ad una economia industriale, fondata sull’utilizzazione delle macchine.

La Rivoluzione industriale si caratterizza come un importante fenomeno di trasformazione della società e dei suoi processi produttivi che, partendo dalla Gran Bretagna di fine Settecento, si espande progressivamente al resto dell’Europa e del mondo. I nuovi rapporti di produzione industriali modificano radicalmente l’esistenza individuale, spostando masse enormi dalle campagne alle città e dall’impiego nei campi al lavoro salariato, mentre il moderno capitalismo, sulla scia del pensiero di Smith, Ricardo e Malthus, getta in questa fase le basi del mondo contemporaneo.

Da un punto di vista più concreto, l’aspetto che caratterizzò principalmente questo periodo storico fu l’invenzione e l’utilizzo di nuovi metodi per produrre le merci e, cosa più importante, la produzione di grandi quantità di esse in tempi molto brevi. In effetti, il perfezionamento della macchina a vapore da parte di James Watt verso la seconda metà del XVIII° secolo significò che, con sufficienti forniture di materiale grezzo, quasi un’infinità di qualsiasi merce poteva essere prodotta.

Si ebbero così una crescente meccanizzazione dei processi produttivi, la comparsa di macchine utensili più efficienti e l’ideazione di macchine alimentate da motori a vapore, dalle quali derivarono l’incremento della produttività del lavoro operaio, la possibilità di fabbricare oggetti standardizzati e dalle parti intercambiabili, l’ascesa del carbone quale fonte predominante di energia e la meccanizzazione dei trasporti.

Ora, essendo in fin dei conti le monete un prodotto come gli altri, fu solo una questione di poco tempo prima che ad esse fossero applicate le nuove tecniche di produzione di massa. Infatti, le monete furono uno tra i primi manufatti ad essere prodotti in serie, dato che il nuovo concetto della macchina a vapore fu quasi da subito applicato alla coniazione di monete.

Figura 72 – Mezzo penny Anglesey 1780 (la prima moneta al mondo coniata con una pressa azionata a vapore)

La pressa per la coniazione azionata a vapore fu il risultato di una collaborazione tra James Watt e Matthew Boulton, che divennero soci nel 1768. In particolare, nel 1770 Boulton inventò una macchina a vapore per la coniazione, con una produttività di 70-80 monete per minuto.

L’invenzione di Watt e Boulton consentì di ridurre al minimo il lavoro umano, visto che la loro macchina necessitava di un solo addetto il quale doveva inserire i tondelli in un tubo che alimentava la pressa.

Nel 1786 Boulton visitò la zecca di Parigi dove poté incontrare Jean-Pierre Droz ed esaminare alcune delle sue innovazioni, tra le quali la virola spezzata.

Pochi anni dopo, nel 1789 Boulton fondò a Soho, nei pressi di Birmingham, una fabbrica per la produzione in serie di monete e offrì un impiego a Droz. L’idea fondamentale di Boulton era che la fabbricazione di monete perfettamente circolari di peso uniforme avrebbe posto termine alla contraffazione, mentre la meccanizzazione avrebbe accelerato la produzione migliorando contemporaneamente la qualità.

Al riguardo, è interessante riportare un estratto di una relazione di Boulton del 1792: “Questa zecca è dotata di otto grandi macchine da coniazione, tutte sufficientemente robuste da battere le monete delle maggiori dimensioni in circolazione, o anche medaglie. Ciascuna macchina può essere messa in funzionamento in pochi minuti al fine di poter coniare un numero di monete che va dalle 50 alle 120 al minuto, proporzionalmente al diametro e al grado del loro rilievo. Ciascun pezzo viene battuto all’interno di una virola d’acciaio e tutti i pezzi risultano perfettamente rotondi e di diametro esattamente uguale. Ogni macchina richiede la presenza di un ragazzo di soli 12 anni, che non deve fare alcuna fatica. Egli può arrestare la sua macchina in un istante e rimetterla in moto nell’istante successivo. Tutte e otto le presse sono in grado di coniare contemporaneamente otto differenti taglie di monete, come per esempio corone inglesi, pezzi da sei libbre, pezzi da 24 sous, da 12 sous o gli spiccioli più piccoli utilizzati in Francia. […] Ad ogni modo è stato sperimentato che i nuovi macchinari del Sig. Boulton lavorano con minore attrito, minore usura, minore rumore, si guastano più raramente e possono battere molti più pezzi di qualunque macchina inventata prima; essi sono in grado di battere 26.000 écus o corone inglesi, o 50.000 monete dal diametro inferiore della metà rispetto a quello delle prime in un’ora e di lavorare notte e giorno senza affaticare i ragazzi, a condizione che due squadre di essi si alternino al lavoro per dieci ore ciascuna[1].

Figura 74 – Pressa di Boulton. Fonte: royalmintmuseum.org.uk

All’inizio alla fabbrica di Boulton furono assegnate delle commesse per produrre delle monete per alcune colonie inglesi (Sierra Leone, Compagnia delle Indie Orientali, Africa Occidentale e India Meridionale) e solo nel 1797, dopo un’intensa attività di lobby, gli fu firmato un contratto per la coniazione di monete da 1 e 2 penny per il governo inglese (cd. Cartwheel Penny). Tuttavia, siccome queste monete dovevano valere il peso in rame, non furono molto ben accettate in quanto estremamente grosse e pesanti.

Figura 73 – Cartwheel Penny del 1797

Ciononostante, la zecca inglese – nel frattempo trasferitesi dalla storica Torre di Londra a Tower Hill – comprese l’importanza e le potenzialità della nuova invenzione e nel 1812 Boulton ebbe l’onore di fornire tutti i macchinari necessari al suo funzionamento. Egli ottenne anche l’autorizzazione ad esportare all’estero la nuova tecnologia e, una volta venuto meno il Blocco Continentale imposto da Napoleone, poté vendere i suoi macchinari a numerose zecche in Russia, Danimarca, Portogallo, Messico, Brasile, India e negli anni ’30 il nuovo metodo fu esportato anche negli Stati Uniti. Si pensi che in India le macchine ideate da Boulton furono utilizzate fino alla fine della seconda guerra mondiale.

Intanto a Grevenbroich in Germania un giovane ingegnere di nome Diedrich Uhlhorn cominciava a muovere i primi passi nel campo della coniazione ed in particolare il suo coinvolgimento in questo settore iniziò quando la zecca di Düsseldorf lo chiamò per riparare una macchina per la coniazione. Invece di ripararla, Uhlhorn si offrì di costruirne una nuova la quale sarebbe stata più veloce e più precisa di quel bilanciere.

Egli mantenne la sua parola e, ispirandosi alle leggi fisiche della leva, costruì un nuovo tipo di pressa monetaria detta appunto “a leva” o “a ginocchiera” che riusciva a sfruttare il vapore con maggiore efficacia della concorrente britannica, la pressa “Boulton”, ed anche con un minore ingombro. Nel giro di una ventina d’anni, la nuova pressa Uhlhorn andò a sostituire la maggior parte dei bilancieri impiegati nelle zecche europee: Düsseldorf, Berlino, Utrecht, Vienna, Monaco, Karlsruhe, Schwerin, Stoccolma, Wiesbaden e Napoli; la pressa Uhlhorn fu impiegata anche in Australia a partire dal 1853. Nel 1817 Uhlhorn brevettò la sua nuova invenzione ed il suo modello rimase sostanzialmente immutato per un centinaio d’anni. Dalla sua invenzione e fino al 1940 sono state prodotte e vendute circa 500 presse monetarie di tipo Uhlhorn.

Figura 75 – Pressa Uhlhorn. Fonte: flickr.com

Nel 1834 il francese Pierre-Antoine Thonnelier acquisì un brevetto d’importazione di quindici anni della pressa Uhlhorn e produsse un suo modello molto simile, ma nettamente migliorato che presentò all’Esposizione Internazionale di Parigi dello stesso anno. In particolare, le principali innovazioni della pressa Thonnelier riguardavano l’alimentazione dei tondelli, l’estrazione delle monete appena coniate ed il fissaggio dei due conî. Inoltre, vi era un’economia di forza motrice, un sistema per evitare la collisione dei conî, un maggiore controllo nella regolarità della pressione, una facilità di avviamento e di arresto, una minore rumorosità e cosa molto più importante era più veloce e meno ingombrante.

A differenza di Uhlhorn, Thonnelier non fondò una propria fabbrica e non costruì mai direttamente la pressa da lui stesso ideata; Thonnelier si limitò a vendere i disegni ed i progetti della sua nuova invenzione e poi le varie zecche dovevano – in proprio o appaltando il lavoro all’esterno – costruire la macchina. Questo determinò numerose varianti della stessa pressa Thonnelier, visto che una volta ottenuti i disegni ogni ditta costruttrice apportava delle personalizzazioni di vario tipo. Infatti, va notato che nelle targhette di queste presse non viene mai riportato il nome “Thonnelier”, bensì il nome della ditta costruttrice.

Peraltro, si rileva che la pressa di tipo Thonnelier è stata la prima ad essere importata negli Stati Uniti. In particolare, nel 1836 la zecca di Philadelphia acquisì i disegni ed i progetti e la relativa costruzione fu appaltata alla ditta Merrick, Agnew & Tyler; poi il capo incisore della zecca Franklin Peale volle in parte riprogettarla e migliorarne alcuni aspetti.

Figura 76 – Pressa Thonnelier. Fonte: flickr.com

La pressa entrò in funzione nel marzo del 1836 e l’allora direttore della zecca Robert Maskell Patterson scrisse il seguente messaggio al Presidente Andrew Jackson: “il 23 marzo 1836, la prima pressa azionata a vapore è entrata in funzione presso questa zecca; e le prestazioni della pressa, nella quale la forza di una leva ha sostituito quella della vite, hanno risposto a tutte le nostre aspettative. Da quel momento, tutte le monete di rame sono state coniate da questa pressa, ed è stata da ultimo utilizzata con successo per coniare la moneta da mezzo dollaro. Gli operai sono ora impegnati nel fabbricare altre presse; e non appena le stesse saranno ultimate, la coniazione con la forza umana sarà definitivamente abbandonata, e le attività di coniazione che potranno essere realizzate nella zecca aumenteranno significativamente[2].

Successivamente nel 1858 un ingegnere della zecca di nome David Gilbert riprogettò la pressa Thonnelier costruita da Peale per apportarvi ulteriori innovazioni.

Intanto in Inghilterra il 1° aprile 1850 andò in asta tutta l’attrezzatura dell’ormai cessata zecca di Soho fondata da Matthew Boulton. Ad aggiudicarsi l’interò lotto fu Ralph Heaton II° che acquisì quindi quattro presse a vite azionate a vapore e sei presse punzonatrici per produrre tondelli. Tutta l’attrezzatura fu installata nello stabilimento di Birmingham sito in Bath Street. Negli anni successivi la zecca privata di Heaton riuscì ad aggiudicarsi diverse commesse: nel 1851 furono coniate delle monete per il Cile con il segno di zecca “H”, nello stesso anno furono prodotti dei tondelli di rame per zecca inglese, nel 1852 fu incaricata di produrre delle monete per la Francia e nel 1853 – siccome la zecca inglese era sovraccaricata dalla produzione di nuove monete in argento e oro – ottenne una commessa per coniare circa 500 tonnellate di monete in rame. Si pensi che durante le giornate di picco di lavoro le quattro presse originariamente costruite da Boulton arrivarono a coniare fino a 110.000 monete al giorno.

Col tempo la zecca di Heaton si ingrandì, acquisì anche nuove presse a leva e assunse nuovi addetti; nel 1862 diventò la zecca privata più grande al mondo. In tale anno, Heaton partecipò alla seconda Esposizione Internazionale di Londra dove conobbe la ditta tedesca di Uhlhorn, ormai gestita dai figli. Grazie a quell’incontro, Heaton riuscì ad ottenere il permesso di utilizzare le tecnologie di Uhlhorn per costruire delle proprie presse monetarie che furono poi impiegate nello stabilimento di Birmingham.

Peraltro, proprio in quegli anni molti governi provvisori ed il neo formato Regno d’Italia appaltarono alla zecca di Birmingham alcune importanti commesse per produrre delle monete, che si riconoscono per il segno di zecca identificato con la lettera “H”, vale a dire la prima lettera della ragione sociale “Heaton & Sons”. Inoltre, Heaton collaborò con la ditta di Joseph Taylor, sempre di Birmingham, al fine di produrre delle presse per la zecca di Sydney. Grazie a tale collaborazione Taylor riuscì a studiare la tecnologia delle presse di Heaton e successivamente strinse un’alleanza commerciale con Challen per formare la celebre ditta Taylor & Challen che produsse centinaia di presse per tutte le zecche del mondo, tra cui anche quella di Parigi e quella di Roma.

Sempre con riferimento ad Heaton, va altresì ricordato che il figlio Ralph Heaton III° acquisì nel 1852 la zecca di Marsiglia dove furono portati dall’Inghilterra dei macchinari e personale altamente qualificato, al fine di poter potare a termine la commessa ordinata da Napoleone III di 750 tonnellate di monete in bronzo.

Anche le zecche italiane si dotarono ben presto delle “nuove” macchine, come peraltro si evince da alcuni resoconti relativi alle visite dei regnanti presso le officine monetarie. Tra le prime vi fu la zecca di Napoli che sul finire della prima metà del XIX° secolo acquistò una pressa di tipo Uhlhorn e, come vedremo, su imitazione di Napoli, anche la zecca pontificia acquisterà delle presse Uhlhorn.

Pian piano anche le altre zecche italiane si dotarono di tali macchinari. Ad esempio la zecca pontificia di Bologna già nel 1857 era provvista di una pressa Uhlhorn, come testimoniato da un dettagliato resoconto tratto dal volume “Memorie intorno al viaggio della Santità di N.S. per l’Italia Centrale” in relazione alla visita di Papa Pio IX presso la predetta zecca. Si riporta qui di seguito un breve stralcio: “Il Pontefice entrò nelle singole stanze sia degli uffizii sia dei lavoratorii ed assistè benignamente alle operazioni della monetazione e del saggio. Nella gran sala di coniazione ammirò le belle macchine antiche e moderne, fra le quali la recentissima del prussiano Diedrich Uhlhorn, di cui il Governo volle accresciute quelle officine”.

Invece, delle macchine utilizzate presso la zecca di Milano si ha notizia grazie ad un resoconto pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 6 Ottobre 1863 n. 236 che descrive la visita dell’ancora principe Umberto I. Si riporta qui di seguito un breve stralcio: “Il principe Umberto recavasi il 2 corrente [2 ottobre 1863, ndr] coi suoi aiutanti di campo ed ufficiali d’ordinanza a visitare la zecca di Milano. S.A.R. accompagnata dal regio direttore cav. Baralis e dal signor Cattaneo, delegato della Banca nazionale assuntrice dell’appalto della fabbricazione monetaria presso questo stabilimento, passava in attenta rivista gli uffizi, le diverse officine e la nuova vasta sala di monetazione, in cui trovansi collocate in bell’ordine le nuove macchine Uhlhorn e Thonnelier, nello scorso anno acquistate dal Governo, per mezzo delle quali, e per ognuna, si stampano 75 monete al minuto. In meno di un’ora il principe Umberto vide con molta compiacenza eseguirsi le singole operazioni, cioè la fusione delle antiche monete dei cessati governi, ritirate dalla circolazione, la formazione ed il laminamento delle lastre, il taglio de’ tondini, il loro cordonamento ed imbiancamento, non che la loro conversione in tanti bei pezzi d’argento coll’effige del Re. S.A.R. visitava pure il gabinetto d’incisione e gli annessivi nuovi locali per la confezione dei conii e punzoni”.

L’adozione di queste presse ebbe un’influenza eccezionale sui processi di coniazione garantendo ritmi (fino a 75 monete al minuto) e qualità di coniazione mai visti precedentemente con il vecchio sistema del conio a torchio, facendo sì che in breve tempo praticamente tutte le zecche europee e mondiali le adottassero per le proprie produzioni.

Sempre nel XIX° secolo anche un’altra famosa ditta tedesca iniziava ad affacciarsi sul mercato delle presse monetarie: la Schuler. Quest’ultima iniziò la sua attività nel 1834 in Göppingen’s Sauerbrunnengasse proponendo inizialmente una pressa che combinava il modello Thonnellier, sebbene con alcune modifiche, con il sistema di alimentazione dei tondelli della pressa Uhlhorn. Questa nuova pressa aveva una produttività di 120 monete al minuto. Successivamente, come vedremo, questa società riuscirà di fatto a dominare il mercato delle presse monetarie nella seconda metà del XX° secolo e gli inizi del XXI° secolo.

Figura 77 – Pressa Schuler del 1873. Fonte: coinweek.com

L’incremento della capacità produttiva delle presse monetarie richiedeva evidentemente dei cambiamenti radicali nelle tecniche di produzione dei conî e dei tondelli.

Per quanto riguarda i conî, non era più pensabile una realizzazione manuale di ogni singolo conio, seppur con l’ausilio di punzoni, ed era quindi necessario standardizzare ed automatizzare il loro processo di produzione. In particolare, come vedremo, quest’ultimo risentì positivamente di due invenzioni molto importanti: le presse monetarie – soprattutto il bilanciere a frizione – capaci di esercitare una pressione sufficiente a trasferire l’immagine di un conio ad un altro ed il pantografo. Con riferimento ai tondelli, oltre ad accelerarne il processo di produzione automatizzando le relative macchine, l’esigenza maggiore era quella di rendere il più possibile uniforme il prodotto in termini di peso e dimensione. Infatti, per evitare malfunzionamenti e quindi rallentamenti, le nuove presse esigevano tondelli standardizzati con bassissime soglie di tolleranza.

Infine, va segnalato che una spinta ad un continuo miglioramento delle nuove tecniche produttive fu data anche dalla scoperta e dallo sfruttamento a partire dal 1830 di nuovi giacimenti di metalli, quali ad esempio il deposito di rame nel Michigan, di oro in California, nell’Australia, nel Sud Africa e nel Klondike, di argento nel Nevada e nel Messico. Inoltre, anche lo sviluppo economico ed un maggior benessere generale portò ad un notevole aumento della produzione mondiale di monete e quindi ad una crescente richiesta di nuovi processi di coniazione sempre più efficienti da parte delle varie zecche.

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[1]This Mint consists of eight large coining-machines, which are sufficiently strong to coin the largest money in current use, or even medals; and each machine is capable of being adjusted in a few minutes, so as to strike any number of pieces of money from fifty to one hundred and twenty per minute, in proportion to their diameter and degree of relief; and each piece being struck in a steel collar, the whole number are perfectly round and of equal diameter. Each machine requires the attendance of one boy of only twelve years of age, and he has no labour to perform. He can stop his press one instant, and set it going again the next. The whole of the eight presses are capable of coining, at the same time, eight different sizes of money, such as English crowns, 6-livre pieces, 24-sous pieces, 12-sous, or the very smallest money that is used in France. […] However, it is decided by experience that Mr. Boulton’s new machinery works with less friction, less wear, less noise, is less liable to be out of order, and can strike very much more than any apparatus ever before invented; for it is capable of striking at the rate of 26,000 ecus or English crowns, or 50,000 of half their diameter, in one hour, and of working night and day without fatigue to the boys, provided two sets of them work alternately for ten hours each”.

[2]On the 23rd of March last (1836), the first steam coinage in America was executed at this Mint; and the performance of the press, in which the power of the lever is substituted for that of the screw, has answered all our expectations. Since that time, all the copper coins have been struck by this press, and it has been lately used with success for coining half dollars. The workmen are now engaged in making other steam presses; and as these are completed, the coining by human labor be abandoned, and the work that can be executed in […] the Mint will be greatly increased“.