5.4 Storia della Zecca dello Stato

Dopo la fine della seconda guerra mondiale e la proclamazione della Repubblica la Zecca italiana attraversò un periodo di rinnovamento e di sviluppo. Infatti, il neo-nato Stato repubblicano aveva bisogno di una propria monetazione e gli impianti ormai obsoleti e decimati durante il periodo bellico non erano certo in grado di far fronte alla crescente domanda di moneta. Di conseguenza, nel decennio a cavallo tra gli anni ’40 e ’50 la Zecca dello Stato visse un lungo periodo di ampliamento e rimodernamento sia con riferimento agli impianti di produzione sia con riferimento ai locali, anche mediante sopraelevazioni per accogliere le nuove macchine.

Questo processo di miglioramento viene descritto da Nicola Ielpo nel seguente modo: “la fonderia, che disponeva di attrezzature ormai obsolete, tranne un forno ad induzione ad alta frequenza, ceduto, però durante la guerra, ai tedeschi, fu dotata di tre forni ad induzione a media frequenza e di un impianto completo di fusione e colata semicontinua per leghe leggere di alluminio. Fu installato anche un laminatoio duo reversibile di notevole potenza capace di laminare a caldo ed a freddo i metalli. Esso era dotato di due forni di preriscaldo di cui uno elettrico e l’altro a gas propano. Più tardi ancora fu installato un impianto completo per la ricottura dell’argento in atmosfera controllata ed un impianto automatico di decapaggio dei tondelli[1].

Inoltre, anche la sala di stampa è stata rafforzata acquistando undici nuove presse monetarie dalla ditta inglese Taylor & Challen da 120 tonnellate con una capacità di coniazione di circa 120 monete al minuto.

Figura 123 – Pressa Taylor & Challen della Zecca di Roma. Fonte: Zecca (1955)

L’introduzione di queste nuove presse, congiuntamente all’aumento del personale dedicato alla fase di battitura, ha portato ad un notevole incremento della produttività. Infatti, nella relazione della Zecca per l’anno 1954 è stato osservato: “Gli indici di produttività per le macchine e per la mano d’opera per il 1954 e per i precedenti anni 1951, 1952 e 1953, dimostrano gli incrementi assai notevoli ottenuti sulla produzione complessiva nonché i sensibili aumenti realizzati nell’utilizzazione delle presse. […] Tali incrementi produttivi si sono realizzati principalmente con l’aumento del personale nel reparto stampa monete al quale è stato assegnato il maggior numero degli operai distaccati. Ma una parte non trascurabile dell’aumentata produzione è anche da attribuirsi all’installazione di nuove presse, nonché agli ampliamenti ed ai miglioramenti introdotti nei mezzi meccanici e nell’organizzazione dei servizi posteriormente al 1951. […] Inoltre, dopo la totale revisione, iniziatasi nel 1952, di 35 presse [si tratta delle presse Du Bosc, ndr], in funzione dal 1920, con la modifica di numerose parti meccaniche è stato possibile aumentare la velocità di queste presse da 85 a 105 colpi al minuto”.

Similmente a quanto avvenuto presso la Regia Zecca, il sempre crescente fabbisogno di moneta ha fatto sì che i tondelli per coniare le monete non potessero essere tutti prodotti internamente e, di conseguenza, nella maggior parte dei casi si ricorse a ditte fornitrici esterne. Infatti, nella relazione della Zecca per l’anno 1954 è stato precisato: “I tondelli in Italma o di Acmonital occorrenti per la monetazione provengono invece per la quasi totalità dall’industria privata, presso la quale la Zecca si deve approvvigionare date le speciali attrezzature di fusione e colata, occorrenti per tale leghe”. In particolare, i tondelli delle monete da 50 e 100 lire in acmonital furono forniti dalla Società Nazionale Cogne.  Invece, in altri casi, la produzione dei tondelli veniva effettuata interamente dalla Zecca oppure anche solo parzialmente acquistando dei semi-lavorati da ditte esterne. A quest’ultimo riguardo, una conferma si può trovare sempre nella citata relazione per il 1954 dove si legge: “La produzione del laminatoio è stata limitata alle fabbricazioni di tondelli in Italma per le monete da L. 2, 5 e 10, partendo da piatti estrusi forniti dall’industria privata”.

Per quanto riguarda, invece, un caso di moneta il cui ciclo di produzione è stato completamente effettuato in Zecca, lo stesso è rappresentato dalle 500 lire caravelle e ciò è testimoniato dai principali quotidiani nazionali che il 6 dicembre 1957 hanno pubblicato degli articoli descrivendo la visita del Ministro sen. Medici alla cerimonia di coniazione della prima moneta da 500 lire in argento. Ad esempio, nel quotidiano Il Tempo del 6 dicembre 1957 si legge: “Alla cerimonia del «battesimo» della nuova moneta ha presenziato il Ministro del Tesoro Medici, il quale […] ha assistito a tutte le varie fasi dalla lavorazione della fusione dei lingotti alla coniazione, attraverso i successivi stadi della colata, del laminatoio, della finitura, del taglio, della cernita, dell’orlatura, dell’imbiancamento attraverso il bagno in acido solforico, della pesatura e finalmente del conio”.

A partire dalla seconda metà degli anni ’50 e quasi fino alla fine degli anni ’70 l’attività della Zecca fu alquanto ridotta sia in termini di produzione di monete che in termini di creatività.

Come ricorda Nicola Ielpo, ciò è la “conseguenza di diverse cause: la decrescente disponibilità di manodopera, la riduzione dell’orario di lavoro, la necessità di adibire una parte del personale ai lavori di installazione degli impianti acquistati, la maggiore complessità delle lavorazioni per la fabbricazione e per la produzione si ricorse a diversi provvedimenti, quali la retribuzione a cottimo in alcune fasi della lavorazione. Questa progressiva riduzione ebbe i suoi effetti, lenti ma continui, sulla circolazione monetaria. La situazione della circolazione metallica andò via via degradando anche per la scomparsa di alcuni tagli dal sistema monetario. Infatti degli otto tagli componenti inizialmente la serie, le monete da 500 lire venivano tesaurizzate sempre di più per il crescente aumento del prezzo dell’argento, quelle da 1, 2 e 5 lire avevano perso progressivamente potere di acquisto, la coniazione delle monete da venti lire fu sospesa dal 1959 al 1968 per difficoltà di reperimento del materiale, per cui la circolazione era affidata a soli tre tagli: 10, 50 e 100 lire[2].

Figura 124 – Pressa Schuler acquistata dalla Zecca nel 1972. Fonte: Domenica del Corriere (1973)

Verso la fine degli anni settanta, questa strutturale mancanza di monete diventò ormai insostenibile, tanto che gli operatori economici dovettero ricorrere a dei succedanei della moneta come il gettone telefonico, i miniassegni, i francobolli e addirittura le caramelle. Si tornò per certi versi all’epoca del baratto. Al fine di superare questo periodo di “crisi degli spiccioli”, la Zecca Italiana dovette subire nuovamente un processo di rinnovamento sia a livello organizzativo che a livello di attrezzature. Per quanto riguarda il primo aspetto, il 20 aprile 1978 fu approvata una legge che prevedeva la “costituzione della Sezione Zecca nell’ambito dell’Istituto Poligrafico dello Stato” il quale assunse quindi la denominazione di Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato (IPZS). Inoltre, l’anno successivo fu nominato come direttore della sezione Zecca l’ing. Nicola Ielpo. Con riferimento all’attrezzatura, già nel 1972 furono acquistate – al prezzo di 20 milioni di lire ciascuna – sedici presse monetarie più moderne e produttive (300 pezzi al minuto), delle presse Schuler, e furono dismessi molti dei vecchi macchinari ormai obsoleti.

Invece, per la coniazione delle monete commemorative e celebrative (non destinate alla circolazione) sono state acquistate delle presse Schuler MRV 150M semi-automatiche che raggiungono velocità di coniazione non superiore a 40 pezzi al minuto.

Figura 125 – Nuovo stabilimento della Zecca di via Capponi. Fonte: ilpostalista.it

Grazie a tutti questi cambiamenti, verso la fine degli anni settanta, la produzione di monete della Zecca raggiunse livelli mai conseguiti prima; si pensi che nel 1978 si superò il miliardo di monete coniate. Si riprese a coniare la moneta da 20 lire e si iniziò a produrre la moneta da 200 lire. Questa intensa attività produttiva ebbe tuttavia anche delle conseguenze sul livello di qualità delle monete prodotte durante quel periodo. Infatti, i conî venivano talvolta spinti anche oltre la loro vita utile, causando spesso i tipici errori derivanti da un conio usurato: frattura e rottura del conio, impronte evanescenti, sdoppiamento delle impronte, danneggiamento dei conî, etc.

Inoltre, vista la forte richiesta di moneta circolante e in considerazione del fatto che gli scarti di produzione (errori di coniazione) costituiscono un costo di esercizio per la Zecca, anche gli standard minimi di qualità si abbassarono ed entrarono così in circolazione numerosi errori di coniazione. Pertanto, questo lasso di tempo costituisce un periodo d’oro per il collezionisti di errori di coniazione.

Una volta terminata questa intensa attività produttiva, nei primi anni ottanta la Zecca si poté rifocalizzare sul “core business”, perpetuando le arti incisorie e manifatturiere dei numerosi artisti italiani e intraprese delle strategie di mercato per incrementare le vendite dei prodotti numismatici. Ad esempio, si ricominciò ad emettere le serie divisionali e ogni anno si procedette alla coniazione di monete d’argento commemorative.

Figura 126 – Sala delle presse dello stabilimento di via Capponi (sinistra) e linea di confezionamento dell’euro (destra). Fonte: Cronaca Numismatica n. 132/2001.

Inoltre, sempre agli inizi degli anni ottanta la Zecca italiana riuscì a riacquistare una posizione di prestigio in campo internazionale, grazie anche all’apporto del suo direttore ing. Nicola Ielpo, che inventò e brevettò una nuova tecnica per la fabbricazione di monete bimetalliche. Nel 1982 vennero quindi coniate le 500 lire bimetalliche che rappresentano la prima moneta bimetallica al mondo prodotta per la circolazione e anche la prima a presentare il valore in braille. La nuova moneta ebbe un enorme successo e fu imitata in tutto il mondo.

La produzione delle monete da 500 lire aveva però l’inconveniente di produrre molto materiale di scarto (parte centrale dell’anello esterno) e così nel 1989 si pensò di recuperarlo utilizzandolo come tondello per la coniazione delle 100 e 50 lire “mignon” entrate in circolazione l’anno successivo. Tuttavia, queste monete furono poco gradite dal pubblico, probabilmente perché fu deciso di mantenere le stesse impronte delle vecchie monete, e così dopo soli tre anni furono sostituite da altre monete.

Il successo delle 500 lire bimetalliche fu di ispirazione per l’introduzione nel 1997 di un’altra moneta di “grande” taglio: le 1000 lire bimetalliche. La nuova moneta ebbe un inizio un po’ travagliato, in quanto a causa di un errore da parte dell’incisore, la cartina dell’Europa posta sul rovescio riportava i confini della Germania non ancora unificata.  Infine, nel 2002 l’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato è stato trasformato in una società per azioni, il cui azionista unico è lo Stato. L’istituto ha circa 2.800 dipendenti distribuiti tra la sede centrale di piazzale Verdi a Roma, dove è rimasta l’officina carte valori e ha sede anche la Libreria dello Stato, lo stabilimento di via principe Umberto, il nuovo stabilimento di via Capponi (sull’Appia Nuova a Roma, non lontano dalla Basilica di San Giovanni) entrato in funzione nel 1999 in occasione della coniazione dell’euro e lo stabilimento di Foggia impegnato prevalentemente nella produzione della carta.

La storia recente della Zecca italiana, ma anche delle principali zecche europee, è strettamente legata all’introduzione dell’euro, un evento senza precedenti nella storia monetaria mondiale. Per affrontare la nuova sfida, la Zecca italiana ha rinnovato nuovamente i propri impianti acquistando delle presse Schuler di nuova generazione in grado di coniare 320 monete al minuto e con un ritmo medio complessivo di 18 milioni di pezzi al giorno.

L’introduzione dell’euro ha comportato enormi sforzi da parte della Zecca, che ha dovuto cominciare a produrre le monete molto prima della data della loro effettiva entrata in circolazione. In particolare, già nel gennaio 1999, con una cerimonia alla quale parteciparono le più alte autorità istituzionali, fu iniziata la coniazione delle nuove monete.

Con la coniazione delle monete in euro, per la prima volta la Zecca italiana si è appoggiata massicciamente a ditte estere per la fornitura dei tondelli. In particolare, una società della Corea del Sud, la Poong San – assieme ad un partner italiano, la padovana Tekkon – si è aggiudicata la fornitura del tondelli interni per i pezzi da 2 euro, entrambi i lotti (tondello interno e anello esterno) per la realizzazione di quella da 1 euro e anche l’appalto per il materiale dei 50 eurocent. Gli inglesi della Royal Mint hanno fornito invece gli anelli del pezzo da 2 euro e i canadesi della Westaim Corporation i tondelli della moneta da un eurocent. Unica impresa continentale a ricavarsi un piccolo spazio nell’asta del Poligrafico è stata la tedesca Deutsche Nickel, che ha rifornito la Zecca italiana di tondelli per le monete da 2 eurocent. Inoltre, una buona parte dei tondelli mancanti sono arrivati dagli impianti della Verres S.p.A., società controllata dall’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato.

Per quanto riguarda lo smaltimento delle monete in lire ritirate dalla circolazione, si ricorda che, circa due mesi prima dell’ingresso dell’euro, lo Stato italiano ha incaricato l’industria tedesca EuroCoin di Schwerte in Nord Reno-Westfalia di mettere fuori uso le vecchie monete in lire. In particolare, l’affiliata della Vereinigte Deutsche Nickel – secondo quanto reso noto dalla EuroCoin – ha portato in Italia due impianti “decoiner” che hanno deformato e obliterato le monete in lire (cfr. par. 3.1.). Altre due macchine hanno invece provveduto a separare le monete bimetalliche. Nell’operazione sono state interessate circa 35.000 tonnellate di monete in lire precedentemente scambiate con euro. Oltre alle lire italiane, EuroCoin ha distrutto anche gli scellini austriaci e i marchi tedeschi.

 

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[1] Nicola Ielpo, La moneta metallica in Italia – Breve storia della moneta metallica, della Zecca e della tecnologia monetaria, IPZS, 1980, pag. 93.

[2] Nicola Ielpo, La fabbrica del denaro, Texmat, 2008, pag. 86.